Un portale monumentale in pietra con una croce spezzata al centro e due urne ai lati immettono nel cimitero di San Matteo. Il termine camposanto è reso dalla lingua tedesca con il termine Friedhof, campo di pace, oppure Kirchhof, campo della chiesa, cioè appartenente alla parrocchia. Questo di San Matteo fu costruito appunto nel 1856, dieci anni dopo la fondazione dell’omonima parrocchia che dista da qui un paio di chilometri. Il cimitero ha quindi centocinquant’anni e non è perciò il più antico della città, ma è certamente fra i più belli ed i più significativi. La comunità di San Matteo era un tempo formata in buona parte da borghesi, alcuni dei quali altolocati, ed il camposanto fu da subito un luogo particolarmente curato. Nel 1938 esso fu minacciato dal progetto dell’architetto nazista Albert Speer che iniziò a far smantellare le tombe sul lato nord perché si trovavano su quello che sarebbe diventato nei suoi progetti il grande asse nord sud della nuova capitale del Reich. Poi scoppiò la guerra ed il Piano Speer non venne più attuato. San Matteo rimase quindi uno dei pochi segni di continuità borghese tra la Berlino del XIX° e quella del XX° secolo. I mausolei che ancora oggi si sono conservati rendono un’idea di questa opulenza. Una passeggiata per questo luogo di pace è un viaggio privilegiato nella storia della nostra città e ci porta serenamente e direttamente a conoscenza di uno spirito che difficilmente riusciremmo a cogliere altrove.
Il tema della morte, se solo si potesse, verrebbe probabilmente dai più procrastinato all’infinito.
Nella tradizione popolare italiana quando si sente nominare la morte si iniziano una serie di scongiuri e rituali per allontanarla.
La cultura nordica è invece più incline a confrontarsi con la mancanza, con il dolore, con il lutto.
Basti solo pensare alle saghe ed alle leggende antiche per arrivare allo struggimento romantico per l’inarrivabilità della soddisfazione, di qualunque genere essa sia.
Nel vocabolario tedesco troviamo la parola Sehnsucht, che in italiano è solo approssimativamente traducibile con nostalgia o con altri semantici affini, ma che in un animo germanico è molto di più. E’ una tensione vitale che porta a desiderare ciò che non si possiede e rappresenta probabilmente la pulsione sentimentale di massimo grado.
Si potrebbe a questo punto aprire una parentesi lunga secoli, ma potrebbe sembrare questa una scusa per divagare dal tema.
Ora, una visita all’attuale cimitero berlinese di San Matteo non trasforma tutti per incanto in poeti romantici tedeschi, ma è una passeggiata che fa comunque molto bene alla salute, non fosse altro perché è un luogo verde, artistico, nonché cardiotonicamente soavemente scosceso.
Ad accogliere un recalcitrante turista sudeuropeo, aggrappato magari scaramanticamente al cavallo dei propri pantaloni, appena varcata la monumentale soglia, sta graziosamente in una nicchia il pittoresco Café Finovo, il cui nome vuole essere una esotica contrazione della parola fine e della parola nuovo.
Tra il Finovo ed il portale c’è la botteguccia del barista che vende fiori e la preziosa e completa guida del cimitero, opera di Hans-Jürgen Mende. In tempi recenti è fiorita anche tutta una comoda letteratura prêt-à-porter sul cimitero, quali app e piantine illustrative che possono accompagnare in un primo percorso di ricognizione. La migliore di tutte le guide possibili, mediatiche o cartacee, resta comunque un poeta. Nella bella stagione ci si siede ai bianchi tavolini in ferro battuto del giardino, si beve un caffè e si mangia una fetta di torta fatta in casa buttando l’occhio sulle fucsie, le begonie, le rose selvatiche, le tuje, le campanule, le verbene, le margherite, i papaveri, i convolvoli, gli alissi, i lampranti, le rose di campo, ma anche sugli esotici oleandri, sulle vezzose palmette e sulle cascatelle di edera che pendono dai muri del portale ottocentesco e dai muretti tutt’intorno. E’ difficile immaginare un posto più tranquillo ed accogliente. E’ letteralmente un abbraccio affettuoso e confortevole. Il poeta lo sa da sempre e sorride appagato come un infante ogni volta. La ferrovia passa proprio qui accanto, come in tutti i luoghi di Berlino, a ricordarci che siamo nella capitale della Germania, altrimenti si potrebbe immaginare di essere chissà dove, fino ad arrivare a credere di vedere spuntare Miss Marple da un momento all’altro. I treni sono quelli della S-Bahn e per la precisione quelli della S1 che trapassano Berlino da Potsdam e da Wannsee, a sud ovest, fino all’estremo nord, ad Oranienburg e viceversa. Se la vegetazione è rigogliosa, dei treni si intravede solo la striscia beige del tetto e quella rossa, appena sopra il margine superiore del finestrino. Quindi si sente sferragliare e poi si vedono correre due strisce colorate, a volte in un verso, a volte nell’altro. A parte le strisce che corrono, i passerotti che beccano sulla punta del timpano dell’ingresso monumentale, qualche rado scampanellio di bicicletta e la sega regolare del marmista che accompagna dalla porta alla ferrovia, la quiete è massima.
Se è inverno molti alberi sono grigi, i treni si offrono allora alla vista per intero, completi di finestrini, al posto dei fiori colorati si vendono corone di abete ed i passerotti beccano nella neve.
Gente che passa per la porta del cimitero ce n’è sempre tanta. Ognuno dice un buongiorno in aria rivolto al bar e tira dritto. Sono giardinieri, muratori, visitatori abituali e volontari addetti alla cura delle tombe. Per essere un posto di riposo eterno si respira un’insolita vitalità. E’ una dimensione per nulla lugubre o spaventosa, questo limbo tra il terreno e l’ultraterreno, tra l’immanenza e lo spirito, persino più gradevole di certi paradisi artificiali. Se non fosse per le pulsazioni, ritmiche, cadenzate impartite dall’inesorabilità dei treni, sarebbe questa certamente un’enclave surreale beatamente indifferente al tempo. Il poeta inspira, trattiene un momento il fiato e poi espira in tedesco: Die Scheidung zwischen Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft [ hat ] nur die Bedeutung eine wenn auch hartnäckigen Illusion. Da quale oltretomba avrà pescato questa citazione che dice che la divisione tra passato, presente e futuro non è altro che una persistentissima illusione? Di certo da qualche smidollato collega della squinternata era romantica. Fa cenno di no col dito: Albert Einstein, 1955.
Al Finovo quando è inverno si prende il caffè nella saletta interna. Cinque tavolini in tutto di forme e materiali diversi, sedie e panchine più scompagnate che mai ed un lampadario artistico di carta diverso per ogni diverso tavolino. Sui tavoli stanno scanzonati su centrini di lino e pizzo fieri della propria vita vissuta portacandele e zuccheriere delle fogge più buffe. Alle pareti gialle decorate con pitture di fiori e voli di rondini sono appesi cinque orologi che segnano rigorosamente cinque ore diverse, croci e madonne, specchi ed angeli e due foto di belle ragazze. Il poeta si incanta davanti a queste. Sui davanzali delle due finestre che danno sul giardinetto giacciono leziosi oggetti trapassati come dei copritazzine rosa confetto lavorati all’uncinetto e piccole foto incorniciate di cani e di gatti. Una stufetta elettrica a forma di caminetto regge una mensola con una piccola biblioteca con titoli del tipo La verità su Hänsel e Gretel, La morte come regalo, La mia religione, la tua religione, Lutto, La morte mi appartiene, Blues in bianco e nero, Lutero, Lutto vivo, Le più belle favole dei fratelli Grimm, A piangere viene sete, Parole alate, Cappuccetto Rosso ed i lupi, Sempre pronti!, Memento mori, cimiteri d’Europa, Il giardino della malinconia, Cinquanta angeli per l’anima e così via…Ci incuriosisce il titolo A piangere viene sete, lo sfogliamo e vediamo che è un libro illustrato per bambini che racconta di come affronti il piccolo Joris la morte dello zio Hugo. Sfogliamo un libro umoristico che raccoglie annunci mortuari inusuali, del tipo: il tuo viaggio finisce qui, e accanto il disegno di una locomotiva, dobbiamo purtroppo scendere. Avremmo volentieri viaggiato ancora con te, ma tu hai già raggiunto la tua meta. O ancora, in una cultura tedesca ossessionata dagli appuntamenti, si legge: Attenzione! Il prossimo appuntamento di Stefan B è stato rimandato per motivi personali a data da destinarsi. Oppure ancora, per un amico, il classico: Arrivava sempre in ritardo e se ne è andato troppo presto!
In un angolo dietro alla porta d’ingresso una culla per bambole in legno colorato accoglie giochi per bambini, mentre in alto sulla cappelliera stanno seduti in fila peluches eterogenei. Una bambola con la fronte fasciata ricorda le foto dei soldati negli ospedali da campo della prima guerra mondiale. Accanto ad essa sta un orso di peluches, e, dall’altro lato due istrici se la ridono chissà per quale motivo, mentre di lato a loro siede un cagnolino con lo sguardo assorto e poi un burattino con la camicia a quadri, le gambe lunghissime che penzolano dalla mensola ed ai piedi una scarpa sola.
Non sappiamo bene come si affronti un cimitero, ma prima ancora che la domanda si affacci alle nostre labbra il poeta ci fa con la mano segno di rallentare, come fosse un vigile urbano. La cura con la quale è tenuto questo camposanto rende la passeggiata tutt’altro che triste. E’ un ambiente sereno e rilassante ed un bel pezzo di arte, storia, e natura di Berlino.
Non si può fare a meno di notare immediatamente la chiesa di ispirazione neoclassica e rinascimentale, con il suo portichetto di arcate a tutto sesto ed il tocco squisitamente tedesco della porta di ingresso con scritto bello grosso Eingang e di quella di uscita con l’altrettanto chiara dicitura Ausgang, per regolare razionalmente i flussi delle anime, come se ci si aspettasse di avere a che fare con le folle della metropolitana.
Faremo una passeggiata seguendo i consigli dello scrittore Hans-Juergen Mende, che nella sua bella guida ha presentato tre itinerari, offrendo però qui solamente una selezione puramente arbitraria dei monumenti funerari. Abbiamo preso una mappa originale del cimitero e abbiamo notato come essa stessa si presenti al mondo naturalmente per quello che è, un po’ razionale, un po’ di ispirazione per punti cardinali e un po’ no. E’ organizzata in campi, file e numeri, un po’ come Venezia, ma le lettere dell’alfabeto che qui distinguono le zone possono anche ripetersi senza un particolare motivo apparente, oppure, altrettanto misteriosamente scomparire. Tutto ciò che farebbe impazzire un eventuale postino fa fremere naturalmente di piacere il poeta, così come un’avventurosa caccia al tesoro ecciterebbe un bambino. Lasceremo gli indirizzi delle tombe con la denominazione originale, quella che si trova sulla targhetta verde delle lapidi e non daremo altri numeri arbitrari. Nulla vieta naturalmente a ciascuno di scegliere un proprio alternativo, istintivo percorso e di soffermarsi ovunque porti lo sguardo.
Il poeta farà certamente così, svolazzerà libero come una farfalla, posandosi sereno ora qua, ora là.
Ogni tanto si siederà su una panchina, tirerà dalla sua tasca fuori un libro, ci si immergerà dentro, per ricacciarlo immediatamente in tasca ogni volta che ci riavvicineremo. Cosa legge? Chiederemo ogni volta. Niente, niente…ci risponderà ogni volta.
Il primo percorso suggerito è quello che si snoda lungo tutto il muro di cinta del cimitero da sinistra a destra.
Incontriamo per prima all’indirizzo H-OE-001, che sta per campo OH, fila OE, posto numero 001, la tomba d’onore dello storico Sybel, la cui vita ha attraversato tutto il XIX° secolo, un uomo al centro della vita letteraria ed artistica della città. Il particolare di questo monumento sono i due medaglioni raffiguranti di profilo il grande studioso e sua moglie.
Al numero…? per lo scultore Streichenberg, anch’egli attivo durante tutto il XIX° secolo con complesse opere come quella di Antinoo col serpente nel parco di Sanssouci, la moglie ha voluto per contrasto una tomba liscissima.
Si constaterà spesso durante la visita che le tombe più monumentali del XIX° secolo sono erette in ricordo di industriali ed uomini di potere, mentre agli artisti ed agli intellettuali sono spesso dedicati monumenti sorprendentemente sobri. Il poeta s’incanta su queste tre parole e le ripete a lungo come fossero un mantra: monumenti sorprendentemente sobri, monumenti sorprendentemente sobri, monumenti sorprendentemente sobri…Non sappiamo se stia riflettendo sul significato delle parole o se stia invece piuttosto giocando ad ascoltare il trillare delle sue erre inglesi, come gli infanti che giocano godendo delle loro prime lallazioni.
Al civico …? troviamo la bella tomba d’onore classicistica neo-rinascimentale del ginecologo direttore del policlinico della Charité prof. Mayer, figlio dell’ancora più famoso padre, il cui sepolcro incontreremo anche appresso. Questo monumento presenta un’edicola profonda, delimitata da colonne, nella quale è inscritto un alto sarcofago sul quale siede, protettivo, un angelo. L’edicola è di Martin Gropius, mentre l’angelo è dello scultore Julius Franz.
Portandoci avanti al numero I-OE-005 riflettiamo sulla tragica storia dell’imprenditore Strousberg, vissuto anch’egli nel bel mezzo del XIX° secolo. Da anonimo uomo d’affari divenne in breve il Re delle Ferrovie che costruì linee in buona parte dell’Europa nordorientale, fondò quindi il giornale Die Post, comprò fabbriche, terreni e miniere e visse alla grande fino a quando il sistema Strousberg non crollò improvvisamente proprio a causa di questi investimenti azzardati.
Nello stesso momento morì il figlio Arturo e l’imprenditore incaricò il grande scultore Reinhold Begas, lo stesso che scolpì la statua di Schiller a Gendarmenmarkt e di Bismarck a Grosse Stern, per intenderci, di occuparsi del mausoleo. Strousberg era ormai sommerso dai debiti e si vide pignorare persino la tomba del figlio. Otto anni dopo morì la moglie e due anni appresso lui, in estrema povertà.
Il mausoleo d’onore K-SE-016, eretto per l’architetto Messel, attivo a Berlino alla fine del XIX° secolo, è particolare e moderno perché realizzato in stile dorico con calcare conchiliaceo dal suo celebre allievo, l’architetto Paul Baumgarten, specializzato quest’ultimo in splendide ville, fra le quali quella Liebermann a Wannsee e poi in eleganti teatri all’epoca del Terzo Reich dotati di Führerloge, loggia per il Führer.
Il dottor von Holshausen fu uno dei più famosi ginecologi della città di fine secolo e venne fregiato del titolo nobiliare per i suoi meriti in campo ginecologico ed ostetrico. Sua è la tomba d’onore numero M-SE-001.
Il vicino dottor von Kusserow, invece, titolare dell’estesa tomba che fu d’onore numero M-SE-010, opera dell’architetto Martens, era un medico militare vissuto a cavallo tra il XVIII° ed il XIX° secolo. La sua storia ci riporta ai percorsi consueti delle famiglie nobili di allora che vedevano i figli iscritti alle scuole militari laddove non si riusciva ad offrir loro un percorso di studi borghese.
Il piccolo Karl Friedrich Ferdinand aveva cinque anni quando suo padre, alto funzionario morì.
Lo zio materno si occupò della sua educazione presso il ginnasio francese, al quale seguì la facoltà di medicina, mentre, contemporaneamente, il giovane veniva arruolato nell’esercito. Da chirurgo della compagnia scalò nell’arco di una vita la carriera militare ospitando poi nel suo mausoleo tutti i membri della famiglia che mossero i propri passi più o meno sulle orme del valoroso antenato, fino a levitare in quelli leggerissimi del pronipote Hans, nato nel 1911 e morto nel 2001, primo ballerino e poi coreografo della Deutsche Staatsoper.
Dalla leggiadria del primo ballerino Hans von Kusserow arriviamo ai passi concreti dell’energico signor Bolle, ricordato nella tomba d’onore P-SE-012, che chiude l’angolo sudoccidentale del camposanto. Iniziò questi la sua carriera come muratore, poi divenne costruttore, quindi produttore di ghiaccio e di conseguenza commerciante di pesce fino ad arrivare al 1881, quando iniziarono a girare per Berlino tre carrozze di sua proprietà che vendevano 1500 litri di latte al giorno. Verso la fine degli anni 80 le carrozze erano un centinaio ed i giovani nella ormai famosa divisa blu Bolle erano almeno duecento e vendevano 40.000 litri di latte al dì.
Il signor Bolle iniziò quindi ad allevare mucche, a distribuire anche frutta verdura, miele ed uova fresche di giornata. La qualità dei prodotti era il suo vanto. Lo slogan della sua pubblicità, nell’epoca in cui gli spot erano ancora ingenui, recitava semplicemente così: Urhane, Großmutter, Mutter und Kind von Bolles Spezialitäten begeistert sind. Che significa semplicemente che dagli antenati, alla nonna, alla mamma col bambino, sono tutti entusiasti delle specialità Bolle. Punto.
Al numero Q-WE-078 troviamo il ricordo in mattoncini rossi per la signora von Neindorff, dama di corte dell’imperatrice Augusta. L’imperatrice morì nel 1890 e la sua dama un anno appresso.
La contessa finlandese von Nyander, morta nel 1905, possiede invece al civico 43 un’elegante tomba con una larga edicola ed un piccolo giardino delimitato da una preziosissima recinzione in ferro battuto. La contessa non volle cotanta eleganza per sé, ma per il giovane figlio prematuramente scomparso.
Approdiamo improvvisamente ai nostri giorni con l’allegra tomba Q-WE-042 in ricordo dello scrittore omosessuale Seyfarth, morto di AIDS, che ci ha lasciato in eredità la sua autobiografia Schweine müssen nackt sein – Ein Leben mit dem Tod, che sta per I maiali devono essere nudi – Una vita con la morte, con citazioni incise qua e là fra le quali: Finis porci, farciminis initium! Ovvero: La fine del maiale è l’inizio della salsiccia! e poi ancora Lust will Ewigkeit! Tod hat sie! Il piacere vuole l’eternità e la morte ce l’ha! Il poeta si sente a questo punto particolarmente ispirato, allarga le braccia al cielo, come facevano i sacerdoti cattolici alla fine della messa in latino, ma invece di dire Oremus! Preghiamo! declama: Wie alles sich zum Ganzen webt, Eins in dem anderen wirkt und lebt! Wie Himmelskräfte auf und niedersteigen (…) Von Himmel durch die Erde dringen, Harmonisch all das All durchklingend! Cosa diavolo dice? Goethe, Faust, I: Come tutto al tutto s’intesse, e l’uno nell’altro opera e vive! Come le forze celesti salgono e scendono (…) Dal cielo attraverso la terra penetrano, e con armonia tutto il Tutto fanno risuonare! Andiamo avanti.
La tomba d’onore numero 54 ricorda il pubblicista Lipperheide che si occupò di moda e di costume assieme a sua moglie Frieda a cavallo fra il XIX° ed il XX° secolo. Al suo nome sono associate diverse riviste di moda e di costume, tra le quali Bazar, Die Modenwelt, illustrierte Zeitung für Toilette und Handarbeiten, ovvero Il mondo della moda, giornale illustrato per la toilette ed i lavori a mano. I coniugi pubblicarono inoltre l’ Illustrierte Frauenzeitung, cioè il Giornale Illustrato femminile, che dal 1912 si chiamò concisamente Die Dame, La Signora, che finì con l’ultima guerra, sopravvivendo ai suoi editori.
Terminato questo primo giro perimetrico del camposanto ci accingeremo ora a compiere un secondo percorso lungo tutta la sua metà orientale. Capofila dei defunti dell’area di levante è Walterino dal cuore d’oro, con la sua lapide bassa e grezza contrassegnata dal numero A-W-038. Il signor Draesel era il proprietario della sala da ballo Walterino nella Bülowstraße, nel vivace periodo tra le due guerre. Alla sua morte la moglie Elvira regalò la campana alla chiesa. Dietro a Walterino sta al numero A-SE-067 il tempietto greco dorico col portale in bronzo del pellicciaio Herpich, vissuto a cavallo tra il XIX° ed il XX° secolo che aveva negozi anche a Londra ed a Parigi. Ospitata nel mausoleo del pellicciaio c’è la bella statua in marmo di una giovane donna, a ricordo del gallerista ebreo Linz, morto in un campo di concentramento. All’estremità opposta della fila troviamo la lapide d’onore numero A-SE-0250-A che ricorda i nobili ufficiali morti nella notte del 20 luglio 1944 dopo il tentativo fallito di rovesciare Hitler nella celebre Operazione Valchiria. Gli eroi furono il conte Schenk von Stauffenberg, il suo tenente maggiore von Haeften, il colonnello generale Beck, che in caso di successo dell’operazione sarebbe dovuto diventare il presidente del Reich e capo dell’esercito, il colonnello Merz von Quirnheim, che diede il suo grande contributo operativo ed il generale della fanteria Olbricht. Gli ufficiali vennero invece giustiziati nel cortile del Comando dell’Esercito dell’allora Bendlerstraße che oggi si chiama Stauffenbergstraße. I cadaveri vennero poi portati in questo cimitero, ma dopo poco riesumati in gran furia e bruciati, le ceneri disperse.
A terra al numero A-SE-052c troviamo la lapide dello storico dell’arte e scrittore Kugler, vissuto nella prima metà del XIX° secolo e definito come uno dei padri della storia dell’arte come scienza autonoma moderna. Seguono le tombe di imprenditori vissuti nella seconda metà del XIX° secolo, come quella al numero A-SE-051 in granito scuro in stile di tempietto ionico del re delle costruzioni Noah, e quella classicistica in pietra calcarea al numero A-SE-036 del signor Kallenbach, conosciuto per le sue fabbriche di tubi e fili. Affacciato sul vialetto, al numero A-SE-012, sorge il mausoleo di Ovo Maltine, nome d’arte dell’artista, attore e cabarettista Christoph Josten morto di AIDS all’inizio del nostro nuovo secolo. Egli fu instancabile nell’organizzare eventi per informare e sensibilizzare sul tema della terribile malattia. Si prestò tra l’altro per il documentario Tunten lügen nicht, ovvero Le checche non mentono. Avanti a sinistra, alla tomba d’onore numero H-016-004 riposa un inventore, pioniere dell’elettrotecnica, scopritore dell’indotto a tamburo per la dinamo, della lampada differenziale, detta lampada Hefner e della candela Hefner, rispettivamente campione ed unità di intensità luminosa. Il signor von Hefner-Alteneck fu dipendente della AEG e della Siemens nella seconda metà del XIX° secolo. Costruì, tra l’altro la Dosenschreiber, la Scatola che scrive, una specie di macchina da scrivere con le lettere dell’alfabeto morse. Della sua tomba si occupa oggi direttamente la Siemens.
Accanto all’inventore sta al numero H-013-009 un giovane nostro contemporaneo, il signor Pindorfer, un campetto con al centro piantati due bonsai, uno zoccolo in pietra tutt’intorno con incise le parole di Gustav Mahler del Lied von der Erde, Il Canto della terra. Das Firmament blaut ewig und / die Erde wird lange fest stehen / und aufbluehn im Lenz du aber / Mensch wie lange lebst denn du. Eterno è l’azzurro del firmamento e la terra / rimarrà a lungo immobile / e a rifiorire in primavera. / Ma tu, uomo, ancora vivrai?
La tomba che fu d’onore H-009-022 è per il matematico Fuchs che nel XIX° secolo donò all’umanità una equazione differenziale che porta ancora il suo nome. Accanto al matematico sta al civico H-007-015 una sarta di inizio secolo, la signora Napora, della quale non sappiamo nulla, ma ammiriamo la statua dell’angelo jugendstil in marmo di Carrara. Al numero H-W-051 troviamo la tomba del filologo ottocentesco Müllenhoff, il quale reperì poesie, prosa e vecchissime favole e saghe tedesche e le consegnò ai suoi contemporanei. Due croci sono erette invece al posto H-001-025 per il teologo Fischer e signora. Accanto a loro sta uno scrittore, giornalista e pittore omosessuale nostro contemporaneo, il signor Marwitz, fondatore nel 1975 del primo giornale omosessuale tedesco, lo Schwuchtel, e due anni più tardi del collettivo giornalistico Café Anderes Ufer, ovvero del Caffé dell’altra sponda.
Schiena a schiena con la tomba di Marwitz sta un altro traghettatore dell’umanità verso l’altra sponda, il padre della patologia cellulare Rudolf Virchow, attivo a Berlino durante tutto il XIX° secolo. La storia della medicina si può infatti tranquillamente distinguere in era previrchoviana ed era moderna. A milioni morivano ancora nel 1800 in Europa per patologie legate alla mancanza di un sistema idrico fognario. Quello che accade ancora oggi nelle aree estremamente arretrate del nostro pianeta, dove l’acqua potabile viene prelevata coi secchi dagli stessi pozzi dove confluisce quella di scarico, accadeva nell’Europa della prima metà del XIX° secolo.
Il professor Virchow fu un grandissimo uomo di scienza e di azione. Ebbe la titanica forza di opporsi al Cancelliere di Ferro, il quale non vedeva la necessità di dotare la città di canali di scarico e così facendo strappò alla morte dalle epidemie milioni di vite umane. Fece inoltre aprire a Berlino quattro ospedali ed obbligò i mattatoi alla nuova procedura di ispezioni delle carni da macello. Bismarck non lo sopportava e nella primavera del 1865 decise di eliminarlo definitivamente sfidandolo a duello. Il dottore rispose che come parte chiamata a duellare aveva l’onore delle armi e scelse due salsicce che sembravano identiche, ma una era iniettata con germi del tifo, del colera, della trichina, della cancrena e della febbre puerperale, mentre l’altra era sana. Tempo e luogo del duello li avrebbe potuti scegliere lo sfidante ed anche il primo morso. Il cancelliere della politica di ferro e sangue si vide quindi costretto a desistere.
La stele di Virchow è semplice, accoglie anche la moglie Rose ed è opera del celebre architetto Knoblauch, particolare è l’inferriata, in ferro battuto jugendstil.
Accanto al grande patologo ed alla sua sposa veglia dalla tomba d’onore numero H-S-015 il padre di lei, il professor Mayer, famoso ginecologo, padre dell’altro, incontrato al mausoleo d’onore numero …?
Mayer padre inventò una nuova manovra ginecologica e fondò un grande centro ostetrico per non abbienti. Ancora un medico troviamo alla tomba che fu d’onore numero I-N-004, questa volta uno psichiatra, il professor Griesinger, fondatore della positivistica psichiatria neurologica. Accanto allo psichiatra riposa al I-N-10 il dentista del Kaiser Guglielmo I, il dottor Wahlländer, sul cui cippo sta una drappeggiatissima figura marmorea sofferente. Interessante è il campo collettivo I-O-2-A, dedicato a tutte le diaconesse dell’antico ospedale evangelico di Santa Elisabetta.
Arriviamo alla coloratissima aiuola….,impossibile da trascurare. E’ il giardino degli Sternenkinder, i bambini stella, nati morti o malformati. E’ un progetto del 2008 che si completa con l’altro campo che è parzialmente delimitato da una struttura in terracotta dai volumi morbidi. Chi non conosce questo dolore immane non ha naturalmente diritto alcuno di proferire parola e anche poi chi di parola avrebbe diritto, delle parole non saprebbe proprio che farsene. E se là dove la consolazione è impossibile, la bestemmia sacrosanta e la ragione assente e l’unico filo d’erba che potrebbe crescere fosse quello dell’antica pietas, qui questa fiorirebbe in tutto il suo tepore. Berlino è la città dei bambini anche qui. Seduti ad una panchina piccina picciò sentiamo le urla di voci allegre e colorate, qualche secondo di silenzio e poi lo squittio gutturale di una bambina ed il coro altamente scomposto ed elettricamente festante di una banda a rincorrerla. Da un altro punto si sente un hurra! urlato a squarciagola e più in là un pianto. Ogni tanto la voce dell’educatrice scandisce sillabando un richiamo. Sono i bambini dell’asilo di Hochkirchstraße, proprio qui dietro il muro del cimitero. Si sentono i trilli delle creature, ma non si vede nessuno. Dalla panchinetta si vedono invece le piccole tombe con tutte le loro minuscole decorazioni: lampioncini, cuoricini, libretti, come in un labirinto delle fiabe. Un alberello giovanissimo è stato piantato al centro e vi stanno appesi ninnoli, cristalli, uova di pasqua, catenine, babbi natale…Girandole e farfalline gonfiabili sono piantate qua e là nelle aiuoline e poi ancora roselline, lucertoline, coccinelle e l’unico suono che proviene da tutti questi colori è il flebile cigolio di una girandola con la vite in metallo.
Ci alziamo dalla panchinetta ed andiamo a vedere la tomba che fu d’onore ed ora non lo è più del pedagogo Diesterweg, busto sorridente, allegra pelata coi basettoni al vento, contrassegnata dal numero I-S-002. Il monumento consiste in un giardinetto pieno di fiori delimitato da una recinzione a catenella di ferro dalla quale pendono tanti medaglioni a forma di stella. Il grande studioso nacque alla fine del XVIII° secolo, prima dell’era positivista, prima cioè che i saperi fossero rigorosamente distinti in umanistici e scientifici e quindi studiò di tutto: la natura, la matematica, la storia, la filosofia e poi iniziò a dedicarsi alla pedagogia. Fondò la prima scuola Pestalozzi di Berlino e si batté per la creazione di un curriculum didattico laico in un’epoca in cui le scuole erano quasi esclusivamente confessionali. A causa delle sue idee rivoluzionarie venne prima sospeso e poi mandato in pensione anticipatamente. Iniziò allora a scrivere libri di didattica per i professori di matematica, di geometria e di lingue. Fatto inquietante è che la sua tomba non sia più considerata d’onore. Speriamo solo che non sia un infausto segno di impasse didattica della capitale.
Onore viene invece mantenuto per la tomba numero S-N-002 dello scrittore ottocentesco Kalisch.
Un aspetto singolare ha la lapide K-010-007 dedicata alla scrittrice Dohm, vissuta a cavallo tra il XIX° ed il XX° secolo. I diritti umani non hanno sesso, recita l’iscrizione sotto l’arco rosso trasparente che delimita superiormente la stele a forma di imbuto. Questa lapide a franca forma di utero è stata donata nel 2007 dall’Unione delle Giornaliste Tedesche in omaggio alla coraggiosa lotta della signora Dohm per i diritti delle donne.
Ecco ora l’altro struggente giardino dei bambini stella, quelli che, forse, un po’ di tempo per giocare l’hanno avuto ed allora è stata costruita per loro una barchetta di legno lunga un paio di metri, come una miniatura di quelle degli innumerevoli parchi giochi della città, che è qui però con una prua ben definita ed una poppa tutta sgangherata. L’albero maestro è a forma di croce con i bracci un po’ storti e da esso pende una robusta fune da marinai alla quale è appeso festosamente di tutto. Le minuscole tombe sono decorate con biglie, macchinine, delfini, sassolini colorati, candeline accese, girasoli, draghetti, cuoricini rossi, tante farfalle in un crescendo di allegria e di tristezza di impossibile pari. Notiamo persino un stagno di una ventina di centimetri di diametro nel quale sta per tuffarsi la figurina in legno di un ranocchio. Il progetto dei due campi dedicati ai bambini è stato fortemente voluto dall’associazione dei volontari del cimitero, coadiuvati dalla figura carismatica del proprietario del Café Finovo.
Ci troviamo ora al cippo numero E-SE-001, dove riposa ancora un medico importante. Il dottor Frerichs visse nel bel mezzo del XIX° secolo, nell’epoca dei grandi entusiasmi per i nuovi metodi scientifici di indagine clinica. La fisica e la chimica entravano in quegli anni come strumenti di ricerca patologica. Il dottor Frerichs si occupò di disfunzioni metaboliche, scoprendo gli amminoacidi leucina e tirosina nelle urine, quindi fondò la Società Tedesca di Medicina Interna.
Accanto all’internista patologo riposa alla tomba d’onore E-SE-007 il celebre chirurgo a lui contemporaneo dottor Langenbeck, fondatore della Società Tedesca di Chirurgia. San Matteo, o l’oltretomba della Charité, borbotta il poeta, riferendosi al policlinico universitario berlinese. Langenbeck si chiamano a tutt’oggi attrezzi e manovre chirurgiche inventati dal celebre medico.
Lasciamo l’oltretomba della Charité per dirigerci alle tomba d’onore numero E-S-001 e E-S-008, dedicate rispettivamente allo storico dei primi del Novecento Caspar, ed al giurista e uomo politico Von der Heydt, prussiano di grande successo ed energia, stratega della finanza. Il suo cippo di granito scuro si eleva su un piedistallo di quattro gradini.
Di tutt’altro aspetto è la lapide E-001-006, tardo classicista in marmo chiaro coronata da un vezzoso acroterio in ricordo del maestro Wandelt, musicista del XIX° secolo.
Altra storia, altro secolo racconta la frastagliata pietra numero K-O-020. Il signor Kamieth era direttore della stazione di Potsdam della Berlino Occidentale. Un ispettore di polizia lo malmenò nel novembre del 1951 avendo trovato negli uffici della stazione del materiale di propaganda comunista. In seguito alle percosse il signor Kamieth spirò per commozione cerebrale.
La causa della sua morte fu oggetto di mesi di tensioni e discussioni fra le due Berlino fino a quando la Corte d’Assise della zona occidentale non stabilì con certezza la colpevolezza dell’ispettore di polizia.
Al posto numero C-010-005 facciamo un passo indietro di mezzo secolo per incontrare l’enigmatica cripta del maestro massone Von Kuycke, rappresentato con un possente mezzobusto barbuto, paludato di immancabile mantello, sontuosamente agghindato con tutti i crismi del rito della loggia: squadra, compasso, martello, croci e stelle dappertutto.
Tenente colonnello di professione e potente massone per vocazione, venerabile della Loggia Federico Guglielmo dell’Aurora, si distinse, fra l’altro, per la sua tempra ed il suo savoir-faire. Si narra che nel 1902 risolse il fastidioso inconveniente del proposito di inadeguato matrimonio del figlio facendolo rinchiudere in manicomio. Pare che il volitivo ragazzo riuscì comunque a sfuggire alle persecuzioni del padre. Il poeta porta le palme al petto e leva gli occhi al cielo: Ah, l’Amour!
La statua del potente maestro è stata di recente assieme ad altre trafugata dal cimitero e, pesante com’era, immediatamente ritrovata. Aspettiamo ora che tornino le altre.
Con il civico C-W-016, dove troviamo la tomba d’onore del signor Bock, fondatore delle omonime edizioni musicali, si conclude il nostro giro orientale.
Ci appresteremo ora a scoprire il lato Ovest del camposanto, compiendo così il nostro terzo giro.
Se ad est avevamo iniziato il tour con Walterino dal cuore d’oro, qui ad occidente sta ad accoglierci il rotondeggiante masso numero X4-001-009, appoggiato in ricordo della poliedrica personalità della signora Götze, scrittrice, artista ed attivista politica nostra contemporanea, impegnata soprattutto sul fronte della libertà sessuale. Di lei si ricorda il poco elegante, ma incisivo Ficken ist Frieden, letteralmente Scopare è pace, slogan presentato lungamente dall’artista davanti alla mensa della TU, l’università tecnica di Berlino e davanti alla centralissima Gedächtnis Kirche.
Il vicino Baldiga della lapide X3-W-005 è un giovane, ispiratissimo fotografo neorealista dei nostri giorni, morto di AIDS. Andando avanti di un centinaio di metri torniamo indietro di un centinaio di anni con il cippo d’onore D-O-035 in ricordo dello scultore Drake, autore della famosissima statua dorata della Vittoria sull’omonima colonna che i tedeschi chiamano Siegessäule e della statua di Federico Guglielmo III a Tiergarten. Avanti ancora dritti troviamo al numero D-S-024 la tomba originale più antica del cimitero. Si tratta di un crocifisso goticheggiante con angeli e figure allegoriche che simboleggiano arti e scienze, probabilmente una descrizione dell’attività del defunto. L’opera è dello scultore August Julius Streichenberg e fu realizzata nel 1858.
La tomba d’onore D-S-008 ospita le spoglie del teologo Hegel, figlio del celebre filosofo.
Una bella croce al numero F-N-024 sta a simboleggiare la conversione al protestantesimo del figlio del ricco banchiere ebreo Golson Schlesinger nel 1817. Il giovane si cambiò cognome e diventò Stahl. Studiò quindi filosofia del diritto, divenne professore ed iniziò poi ad interessarsi di diritto canonico, pubblicando una serie di libri aventi come tema l’ordinamento statale monarchico come espressione del principio dell’ordine divino cristiano. Il poeta sospira.
Decisamente attraente è la tomba F-001-008 della signora Euler-Hochhuth, morta pochi anni orsono. Due statue femminili sostengono una fonte simbolicamente altrettanto femminile che porta incise le seguenti parole: L’eterno femminile ci attira. Il poeta sospira nuovamente.
Arriviamo con pochi passi alle sobrie steli d’onore F-S-001 erette per i fratelli Grimm, Jacob e Wilhelm e per i figli di Wilhelm.
I celeberrimi fratelli Grimm raccolsero nel XIX° secolo saghe, favole ed antichi poemi e miti tedeschi nella feconda anima dello spirito romantico e vengono considerati i padri della germanistica. Scrissero non solo fiabe per bambini, che poi tanto per bambini non sono, ma anche libri di grammatica ed addirittura parte del vocabolario tedesco uscito completo solo nel 1961. Jacob si occupò delle lettere a, b, c ed f fino alla parola Frucht, mentre Wilhelm elaborò la lettera d.
Il poeta estrae per l’ennesima volta dalla tasca il suo libretto e finalmente, con un ghigno spaventoso, ce lo mostra: è La vera storia di Hänsel e Gretel, che avevamo visto al Café Finovo. Il poeta l’ha trafugato – preso in prestito, ci corregge.
Ed ora ci portiamo al più grande complesso tombale del cimitero, una vera e propria corte, delimitata da colonne ioniche erette alla fine del XIX° secolo che accolgono un imponente mausoleo dei primissimi anni del Novecento.
La possente struttura contrassegnata dal numero F-S-008, restaurata dalla Deutsche Bank, è eretta in ricordo del banchiere liberale von Hansemann, vissuto nella prima metà del XIX° secolo. Egli fondò a Berlino nel 1849 la Diskonto Gesellschaft, moderna banca azionaria che sarebbe diventata fra le più potenti della Germania e che nel 1929 andò a fondersi con la Deutsche Bank. Spingendo il pesantissimo portale in bronzo entriamo nel giardinetto dove ci sono panche, anfore, ortensie, profumatissime rose ed il busto inclinato con lo sguardo corrucciato del grande banchiere che fu anche ministro delle finanze prussiano.
Stessa epoca per la tomba d’onore al chimico Mitscherlich, scopritore della sonda al fosforo, detta anche sonda Mitscherlich, nonché dell’isomorfismo dei cristalli e del polimorfismo dei legami chimici. Il celebre chimico, nato nel 1794, studiò anche filosofia, lingue antiche e medicina e fu rettore dell’Università.
Accanto a cotanta scienza riposa al numero F-SE-D un cuoco di corte dell’Ottocento, il signor Schwimmer, che a giudicare dal mausoleo doveva essere divino. La tomba è stata poi meravigliosamente restaurata di fresco dal nuovo padrino.
Il poeta ci confessa che anche lui sta girando per cercare una tomba da adottare e quando gli chiediamo come farà a reperire la cifra che servirà a renderlo padrino di una lapide, un costo che va dai duemila euro in su, ci risponde che la memoria è importante e che si sente molto onorato dalla possibilità di contribuire alla civiltà. Che fosse più facile che un cammello passasse per la cruna di un ago che un poeta mettesse giudizio imprenditoriale lo si sospettava da tempo. Ma guardando il sito www. efev-ev.de, il non plus ultra digitale ottimamente redatto del cimitero, e passeggiando per questi viali viene effettivamente voglia di partecipare alla tutela del nostro patrimonio storico ed artistico e questa ricchezza non sfugge certo al poeta.
Veniamo ora all’antica tomba numero F-WE-030 che ospita dal 2000 l’iniziativa ecumenica Kirche PositHIV, Chiesa Positiva, dell’associazione Denkmal PositHIV, Monumento Positivo, che in tedesco è un gioco di parole fra il verbo pensare e la locuzione monumento alla memoria e l’aggettivo positivo sta sempre, naturalmente, per sieropositivo.
Veniamo dunque alla statua di pietra calcarea col capo chino in ricordo del compositore e virtuoso pianista Scharwenka, morto negli Anni Venti. E’ sua la tomba che fu d’onore al numero P-4-009.
Il vicino cippo d’onore P-W-023 appartiene invece ad uno dei fondatori della fisica matematica tedesca, Gustav Robert Kirchhoff.
Si susseguono le tombe d’onore dello storico Waitz, al P-N-016, autore nella metà del XIX° secolo di una colossale opera sulla storia tedesca in otto volumi ed il germanista Scherer, al civico F-WE-020, e poi ancora lo storico Treitschke al numero Q-O-016, per arrivare alla quadrata lapide del maestro e compositore Max Bruch, celebre per le sue sinfonie ed i concerti per violino.
Siamo ora difronte alla scura lapide Q-008-022 della famiglia ebraica Morgenstern, vittima dei nazisti ed alla vicina unica stele con affaccio su piccolo stagno per il giovane Florian Gérard, morto pochi anni fa.
La tomba d’onore Q-O-047 ricorda la coraggiosa signora Cauer, pubblicista ed attivista pacifista durante la prima guerra mondiale che lottò per i diritti delle donne.
Chiudiamo questo terzo giro con due tombe recentissime: quella numero Q-017-017 per la scrittrice tedesca-gahnese Opitz, che si dedicò a combattere i pregiudizi razzisti e quella al Q-021-024 per il dottor Schauenburg, medico di fiducia di molti malati di AIDS.
Usciamo per la porta monumentale, mentre il poeta si attarda, mai pago, per l’ennesimo ultimo giro.
Se quel che è stato di questi corpi è indubbiamente andato, in omaggio all’umanità restano ancora ad aleggiare queste loro storie coi loro spiriti e le loro passioni, sollevate in aria dal vento che passa per essere poi riprecipitate a terra ed essere reimpastate con le nostre nuove storie e passioni, che sembrano così attuali e che poi saranno anch’esse lanciate per aria per riprecipitare giù e così via finché ci sarà vento e finché ci saranno storie…