I neuroni specchio

Raffaela Rondini

Spiegelneuronen

Parma, 1989. I giovanotti erano parecchio allegri, il professore era abbastanza lontano. C’era chi fumava, chi mangiava il gelato, chi un panino alla fontina, mentre la scimmia sedeva comoda su una sedia con gli elettrodi in testa. Felicemente ignari delle norme europee che avrebbero disciplinato la vita nei laboratori, in quell’euforico caos i giovani ricercatori avevano quel giorno anche dimenticato di spegnere l’amplificatore quando avevano smesso di misurare gli impulsi elettrici del cervello dell’animale.

Improvvisamente l’amplificatore fece un chiasso assurdo, segno che il cervello della scimmia si era attivato. Era il momento in cui aveva visto il gelato e gli allegri scienziati che volevano studiare un’altra cosa avevano appena casualmente scoperto i neuroni specchio. I neuroni specchio non solo notano quello che avviene intorno, ma si preparano anche all’azione, attivando anche i neuroni motori. Cioè la scimmia non solo aveva recepito il gelato, ma si era anche preparata a mangiarlo attivando i muscoli della bocca. Detto così sembra banale, ma non lo è. Questo principio può essere ulteriormente indagato per la cura delle numerose malattie neurologiche in cui queste cellule nervose lavorano troppo e si è in balia di movimenti e suoni involontari o dove non lavorano affatto, come nelle sindromi autistiche, ma anche nelle terapie per le riabilitazioni muscolari, nel capire il sistema della comunicazione interpersonale ed in molto altro.

I neuroni specchio aprono dunque una grande finestra sulla complessità del nostro cervello.

Serendipity la chiamano oramai in tutte le lingue una scoperta fatta senza volerlo.

Quella fu una splendida serendipity che entrò nella storia della medicina.

Vennero fatti numerosi esperimenti in seguito, fu messo tutto seriamente nero su bianco e fu presto chiaro a tutti il funzionamento dei neuroni specchio.

La nostra testa è fatta per interagire col mondo, lo sapevamo già, ma adesso ne abbiamo le prove. Il cervello da solo, inoltre, non funziona come modello, non può perciò essere mai considerato come un algoritmo paragonabile a quello di un computer, non siamo digitali, insomma, bensì analogici e la nostra testa non può mai fare a meno del nostro corpo, i due servono l’una all’altro e sono anzi un tutt’uno e i corpi con cervelli cercano altri corpi con cervelli da imitare fin dai primi istanti della propria vita.

Quando ciò non avviene siamo di fronte ad un caso patologico.

Atteggiamenti di empatia e apertura verso gli altri sono quindi naturali e giusti e servono a comunicare, a prevedere comportamenti, a mettersi nei panni degli altri, ad agire, e persino a recuperare dei movimenti perduti, mentre atteggiamenti di paura e difensiva sono indice di malattie.

A cosa serve questa rivelazione? A tante cose. Questo è un blog e non ci possiamo dilungare, ma proviamo a pensare.

 

Bibliografia

Vittorio Gallese, Berlin School of Mind and Brain, KOSMOS Fellow’s Lectures

Leonardo Fogassi, The Reading Brain in the Digital Age, AB Video, You Tube, 09/08/2016

Marco Iacoboni, I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino, 2008

Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia, So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina Raffaello, Milano 2005

Luciano Fadiga, Cervelli allo specchio, TeDxTalks Siena, YouTube, 22/02/2017

Maurice Merlau-Ponty, Fenomenologia della Percezione, Bompiani, Milano, 2003

Edgar Allan Poe, La lettera rubata, Mursia, Milano, 2009

Yuval Noah Harari, Homo Deus, Eine Geschichte von Morgen, C.H. Beck, München 2017

6 anni fa