Abbiamo visto che tanti capolavori sono finiti sotto le bombe alleate, altri sono spariti, diversi sono ricomparsi in altri musei del pianeta e molti sono stati restituiti a Berlino.
Volendo fare un po’ d’ordine, si potrebbe auspicare che altri reperti ai quali teniamo particolarmente tornino sulla nostra isola.
A chi appartiene l’arte? E a chi appartengono, nella fattispecie i singoli capolavori, a volte stimati cifre astronomiche, a volte semplicemente di valore incommensurabile?
Vale la legge del possesso, quella naturale, quella territoriale, quella semplicemente del più forte?
Abbiamo già notato come ogni impennata di orgoglio nazionalista non abbia prodotto nel firmamento della storia dell’umanità che ferite e croste malsane.
L’arte appartiene con tutte le scarpe alle vicende umane ed è tanto figlia di chi l’ha partorita quanto di chi l’alleva.
Se pensiamo alla difficoltà esistenziale di gran parte degli artisti moderni ed alla loro frequente vita di stenti e sofferenze, cresce nella coscienza sociale l’esigenza riparatrice di tributare quanto meno dignità ed onori postumi attraverso la cura delle loro opere, ovunque esse si trovino.
Abbiamo tanto errato quando abbiamo giudicato questo o quell’artista solo un misantropo o un pazzo, mentre egli anticipava spesso semplicemente di almeno una generazione il sentire dei suoi contemporanei e quindi non veniva compreso, mentre non appena abbiamo poi capito il valore storico di un reperto o di un’opera abbiamo desiderato possedere il pezzo e non separarcene più. In altri drammatici momenti intere collezioni sono state vendute, o più spesso frettolosamente svendute o passate misteriosamente comunque di mano. Se è vero che nulla è immobile e per sempre è anche comprensibile che i pezzi girino come gira il mondo, che le Madonne fiorentine siano in visita permanente a Berlino, che la donna più bella di Berlino sia egiziana, che l’Occidente tutto contempli sulla nostra isola le meravigliose nicchie per la preghiera islamica e che l’oro di Troia sia andato a Mosca a consolare un poco i vincitori dell’ultima guerra, perché no? Tutto va e tutto torna, un po’ come i cicli cosmici e soprattutto la grande scena è sempre quella, una grande, sconfinata, seppur fallibile, civitas umana di un meraviglioso allestimento globale.
E se è vero che siamo tutti poco più che un soffio nell’eternità a cosa giova accanirsi in rivendicazioni che sottraggono tempo prezioso ad altre possibili meticolose occupazioni?
Che sia piuttosto nostra primaria preoccupazione che ovunque essa alberghi, l’Arte, nostra creatura, venga accudita e rispettata.