Riprendiamo la S1

Raffaela Rondini

E’ passata la domenica, ma il pensiero che abbiamo lasciato la S1 a Friedrichstraße senza sapere come continui la linea verso Nord non ci dà pace. Lunedì mattina di buon ora ci riportiamo alla ex Palazzo delle Lacrime pronti a scoprire il Grande Nord. La stazione della S-Bahn di Friedrichstraße resta sempre scura come il suo passato.

Arriviamo presto ad Oranienburger Straße e vediamo una vecchia stazione ex fantasma, cioè inutilizzata dalla Berlino Est. Se non scendiamo non sapremo mai che in superficie hanno rifatto tutto nuovo. Nordbahnhof era anch’essa ai tempi del Regime una stazione fantasma come molte altre, ovvero dove i treni passavano senza fermarsi. Ora anche qui, come a Friedrichstraße restano delle luci artificiali ancora sinistre e questa penombra mette ancora i brividi, come se potesse essere veramente ancora infestata dai fantasmi del passato.

Usciamo dal buio del sottosuolo e la luce violenta del sole dissipa ogni ombra. Sfila accanto a noi tanto verde, alcuni palazzoni ed un grande ponte arrugginitissimo. Arriviamo ad Humboldthain e poi presto anche a  Gesundbrunnen, che avevamo già incontrato sul Ring. Di qui passano tante linee, ma la grande stazione resta anonima. Si aprono a questo punto molte, moltissime strade ferrate, tante, tantissime possibilità finché non arriviamo a Bornholmer Straße. Su questo ponte è passata la storia e noi scendiamo. I binari corrono, corrono paralleli ed a volte sembra che non s’incontreranno mai, danno un’idea di costanza, di tendenza all’infinito. Ma i binari di Berlino a volte tendono all’infinito, altre no. Talvolta piegano, si intersecano, prendono altre vie.

Sui binari di Bornholmer Straße è passata a lungo correndo tanta storia senza mai fermarsi, perché la stazione era un’altra di quelle fantasma, chiusa ai tempi del muro e poi una notte, all’improvviso, la stessa storia si è qui impuntata ed ha preso altre vie.

Oggi vediamo palazzi costruiti prima della guerra, molti ripitturati da poco con tinte pastello, murales, gallerie, verde, tanto verde e poi binari, tanti binari, almeno cinque possibili vie e due tunnel con strade ferrate che si inabissano e scompaiono e poi un bel ponte grigio in ferro che abbiamo già visto tante volte in televisione e sui libri di storia, il Bösebruecke che portava all’occidente.

Anche la vecchia stazione della S-Bahn ha internamente le mattonelle grigie, mentre all’esterno si presenta di un marrone chiaro. Nella stazione non c’è nessun negozio.

Siamo sicuramente ancora a Berlino perché c’è la Fernsehturm. Si vedono pochi palazzoni nuovi e molte vecchie costruzioni. Sul ponte c’è un solo binario per le due linee di tram che passano rispettosamente in senso alternato. Fra i binari del tram cresce talmente tanta erba che le rotaie a malapena si intravedono. Siamo a Piazza 9 Novembre 1989 ed è una delle più impressionanti piazze di Berlino. A dispetto del nome solenne essa non è una piazza nel senso classico del termine: non è di forma circolare, non ci sono edifici, fontane, parchi: non c’è nulla. E’ una specie di slargo prima del dirupo accompagnato da sudici scalini che gettano direttamente sui binari e non si vedono turisti perché è un posto ancora molto vero e poco commerciale. L’unico segno di commercio è il grande supermercato giallo e blu, principe dei discount tedeschi, per il resto ci sono tutt’intorno erba, tram, binari, ponte ed un bel pezzo di muro grigio. Il muro è proprio quello storico, il Muro di Berlino. Pochi vengono a vederlo perché qui è fuorimano, perché qui non è colorato, in quanto gli artisti ci hanno dipinto sopra murales in grigio argento – tono su tono – elegantissimi, roba da fare impallidire le signore della Ku’Damm o con sfumature beige e celesti appena accennate. I turisti non vengono qui, infine, perché qui non ci sono i soldati per fare la foto…Meno male, tutto sommato, così possiamo vedere il muro in tranquillità. Un tempo sorgevano qui le baracche che controllavano il traffico di frontiera. Ora ci sono le foto che mostrano cosa successe la notte del 9 novembre 1989.

Il Governo della Repubblica Democratica Tedesca, pressato dalle grandi manifestazioni dei mesi precedenti, aveva annunciato nuove regole per i viaggi in occidente: ci si sarebbe potuti recare all’Ovest senza più essere obbligati a tornare. E questa regola sarebbe entrata in vigore da subito. La stampa internazionale interpretò l’annuncio come un’apertura delle frontiere e moltissimi cittadini di Berlino Est si spinsero appunto alla frontiera per fruire immediatamente del nuovo diritto. Alle 20.15 del 9 novembre 1989 si cominciarono a riunire qui, a Bornholmer Straße. Le guardie di frontiera dissero che, no, il diritto a recarsi ad Ovest senza obbligo di rientro non sarebbe stato proprio immediatamente fruibile. Alle 21.20 si trovarono qui 500 persone pronte a ricevere un timbro sul passaporto che avrebbe permesso loro di non tornare. Alle 23.20 la folla era grande e le guardie cominciarono ad aver paura. Alle 23.30 in ventimila passarono il ponte per andare all’Ovest, impauriti e festanti al grido di  Wahnsinn!, pazzesco. Pazzesco. Dopo quarant’anni, su questo ponte è cambiata la storia di Berlino. A vederlo oggi questo tranquillissimo squarcio di periferia ferroviaria, entrato nella storia riuscendo a mantenere quasi l’anonimato, stentiamo a crederci. Wahnsinn, pazzesco. Solo il 7 ottobre dello stesso anno si erano svolti i grandi festeggiamenti per il 40° anno della fondazione della Repubblica Democratica Tedesca, con grandi parate militari. E però il dissenso cresceva sempre di più: da Lipsia a Berlino c’erano state numerose manifestazioni e dure repressioni. Ad Alexanderplatz il 9 ottobre si erano radunati in 400.000. La storia si era incamminata verso un cambiamento irreversibile già da tempo e però poi il popolo ha rotto gli argini della dittatura proprio qui su questo ponte e se quella notte il popolo non si fosse riunito caparbiamente proprio qui, dovremmo raccontare ora la storia di un altro luogo. I binari sono anche questo: una scelta ad un bivio. Saliamo di nuovo sulla S1 e notiamo che c’è una curva che svolta ad Est, ma il nostro treno procede dritto fino a Wollankstraße, un tempo singolare enclave ferroviaria dell’Ovest, inutilizzabile dai cittadini dell’Est. A Schönholz siamo decisamente fuori dalla città e comincia a vedersi qualche fabbrica. A Wilhelmsruh c’è un impianto di smaltimento del metallo e tutti questi pezzi color argento brillano sotto il sole. Inizia poi la campagna ornata di casette ad un piano.

A Wittenau vediamo un misto di palazzoni, villette, ciminiere, autosaloni, bosco: un concentrato dell’universo in versione periferica. Quando raggiungiamo Waldmannlust siamo proprio nel bosco. Ad Hermsdorf continua il verde pieno di villette. A Frohnau c’è una famosa oasi buddista e spinti dalla curiosità scendiamo. La Buddistische Haus dista dalla stazione un chilometro ed è segnalatissima perché fu fondata all’inizio del XX° secolo dal medico e scrittore Paul Dahlke e sopravvive miracolosamente fino ai nostri giorni. Tutto avremmo creduto fuori che Berlino negli Anni Venti fosse pure buddista. La Berlino di inizio secolo era una città fra le più vivaci del continente ed anche il pensiero buddista era approdato e si era discretamente radicato. La Casa Buddista si trova anche oggi esattamente nella casa che aveva voluto il suo fondatore. Si tratta di una villa in cima ad una collina alla quale si accede salendo una ripida scalinata. Qui si tengono corsi di meditazione per tutti i livelli e seminari del tipo: Le Radici del Dolore e della Reincarnazione, Meditazione e Nutrizione…L’indirizzo esatto è Edelhofdamm, 54, che si trova alla fine di questo viale che letteralmente porta il nome di Viale della Nobile Corte ed è pieno di splendide ville, in stili diversi, alcuni austeri, altri più fantasiosi, ma tutti di buon gusto. I nomi sui campanelli sono tutti tedeschi ed i tetti quasi tutti spioventi. Di Berlino si dice spesso che sia una città non tipicamente tedesca. In questo luogo Berlino è decisamente tedesca. L’unica nota esotica che stona in tanta purezza è il ristorante Adriatic, ma, a pensarci bene, anche questo è tipico tedesco. Ricorda proprio quelle terrazze assolate dei bar delle pensioni dell’Adriatico con le sedie di plastica, le tovaglie arancioni ed i lampioncini che illuminano le serate di piano bar transennate dalle siepi di gerani tutt’intorno. Accanto al ristorante c’è uno studio medico ginecologico di medicina naturale, che oltre ad essere contrassegnato dal nome del medico si chiama in aggiunta Afrodite e sembra pure questo il cartello di una pensione di Bellaria-Igea Marina. Parcheggiata nel garage c’è una spider blu mare, uscita probabilmente anch’essa dalle acque. Qui a Edelhofdamm pare non succeda nulla. In questi giorni si è persa Lissy ed i padroni la vanno cercando affiggendo foto ad ogni albero. I proprietari scrivono che la gatta si muove tra Edelhofdamm, Markgrafen, Rüdesheimer  ed Hohenheimer, che sono quattro nobili strade del nobile quartiere. E se Lissy si fosse stufata del canto degli uccellini, della quiete del bosco, ed avesse preso la S1 per il centro della capitale, per seguire magari un gattaccio randagio di un quartieraccio? Torniamo alla stazione e beviamo una delle migliori spremute di frutta di Berlino: 4 euro, ma si sa, la classe non è acqua. Prendiamo di nuovo la S1 per Oranienburg. Si apre la campagna verde con cespugli e campi a perdita d’occhio. In primavera ed in estate siamo in un tunnel verde e la luce filtra colpendoci ripetutamente negli occhi.

Ad Hohen Neuendorf si nascondono le case nei cespugli. Siamo entrati nella zona tariffaria C. A Birkenwerder l’atmosfera è decisamente di campagna. Vediamo vecchi treni merci arrugginiti parcheggiati sui binari ed un lunghissimo ponte di ferro anch’esso arrugginito. Siamo immersi nel bosco ed ora ci passa accanto l’autostrada e nessuno crederebbe più che siamo nella capitale tedesca.

Bergsdorf è un paesino lindo e piccino ed in treno non c’è praticamente più nessuno. Bosco, bosco ed ancora bosco, ma i tronchi sono finissimi e s’intravede l’azzurro del cielo. Non c’è cartolina che ne possa riprodurre la bellezza.

A Lehnitz il treno è diventato praticamente un taxi che viaggia solo per noi. Passiamo sul ponte e vediamo il lago con le barche ancorate ed arriviamo finalmente ad Oranienburg, grandissima stazione e piccolo centro abitato. Siamo in un paese. Ufficialmente questa è ancora Berlino, ma è inutile raccontarlo, non ci si crederebbe. Non si sente volare una mosca. Ci sono case nuove, case vecchie, case popolari, come in tutti i paesi del mondo. C’è Schulestraße, Via della Scuola con una scuola, Mittel  Straße, Via di Mezzo che sta in mezzo e così via…Ci sono campi sportivi per fare sport e non c’è un pelucchio fuori posto. L’unico rumore proviene da una radio che trasmette musica per gli operai di un cantiere. Le poche macchine che circolano sui ciottoli dell’algido paese neppure accelerano per non fare rumore. In questo posto non si parla, ma si fa. Appena arriva un treno ( vuoto ) da Berlino un addetto si precipita a pulirlo. Ed anche quando il treno sta fermo sul binario ad aspettare di ripartire passa una pattuglia di controllo ad assicurarsi che non si sia nel frattempo risporcato. In altri contesti questo atteggiamento denuncerebbe una nevrosi, qui invece no: è normale così. La popolazione è tutta bianca e tranquilla e ci viene il sospetto che ci tenga a mantenersi così. Saliamo sul treno per tornare nella capitale domandandoci chissà cosa penseranno mai gli abitanti di Oranienburg dell’altra Berlino. Sul treno quasi vuoto salgono i controllori. I pochissimi passeggeri sono in regola. Questa smania per l’ordine comincia ad inquietarci un po’. Fra poco più di mezz’ora saremo di nuovo a Berlino.

6 anni fa