Noteremo che il treno si ferma ogni due minuti, puntuale come un orologio svizzero, servendo tutte le stazioni dell’amato Sud Ovest berlinese. Ripassiamo per Nikolassee e poi, dopo due minuti siamo a Schlachtensee, poi ancora due minuti di laghi e verde ed arriviamo a Mexico Platz, piena di ville nel bosco. Dopo esattamente centoventi secondi il treno si ferma a Zehlendorf: solo a nominarla i Berlinesi sospirano tutti, come fosse un atollo della Polinesia. C’è tanto verde e soprattutto ci sono tante ville nel verde, il sogno di molti. Qui pare vivano tutti senza grosse preoccupazioni e conflitti sociali. Dopo esattamente due minuti siamo già a Sundgauer Straße. Continuano a salire viaggiatori, ma più che silenziosi sembrano muti. Gli abitanti di questa zona di Berlino pare comunichino per via telepatica. Pensiamo a quanto siano diversi nel temperamento da quelli dei quartieri cosiddetti conflittuali. Ancora un centinaio di secondi e siamo a Lichterfelde West e comincia a vedersi qualche casa popolare. A Botanischer Garten, che segue subito appresso, torna la città coi suoi palazzi ed a Rathaus Steglitz, esattamente due minuti dopo, il popolo riprende a parlare. La città non è più muta. Parlano gli anziani, parlano i bambini, parlano i giovani, parlano tutti. A Feuerbachstraße troviamo conferma che la città è ancora presente con tutta la sua umanità. Una bambina che avrà sì e no quattro anni se ne sta col naso attaccato al vetro del finestrino: Papaa? Wir sind schneller! ( Papà, noi siamo più veloci!) A Friedenau sale ancora tanta gente dotata di parola e di pelle di tanti colori diversi. A Schöneberg vediamo il gasometro e pensiamo a cosa rappresenti per gli abitanti del quartiere quello scheletro di ferro. Bello o brutto che sia, il gasometro significa per gli abitanti di Schöneberg essere arrivati a casa. Pensiamo immediatamente agli abitanti di Greifswalder Straße che invece il gasometro non ce l’hanno più. Non hanno più neppure il muro ed il Comunismo. Per quanto tutto questo sia un indubbio segno di progresso è come se avessero comunque perso dei riferimenti, dei confini. Siamo già a Julius-Leber Brücke: Papaa? – riprende la bambina – Ich sehe Steine! Siehst du das auch? ( Papà, vedo dei sassi li vedi anche tu? ). Dopo due minuti siamo a Yorkstrasse. Papaa? Da war die Brücke kaputt! ( Papà, lì il ponte era rotto! ). Ora entriamo in galleria. Papaa? Jezt sind wir unten! ( Papà, ora siamo sotto! ). Papaa? Ich sehe nichts! ( Papà, non vedo niente! ). Arriviamo ad Anhalter Bahnhof, che si trova sotto il livello della strada. Papaa? Zurück sollen wir mit der U-Bahn fahren? ( Papà, quando torniamo prendiamo la U-Bahn? ) Jaaa! Das ist doch toll mit zwei U-Bahn fahren! ( Evviva! E’ bellissimo andare con due U-Bahn! ). Dopo due minuti arriviamo a Potsdamer Platz. Restiamo al buio. Pensiamo a quel deserto che era Potsdamer Platz ai tempi del muro ed a come la stazione fosse una delle sorvegliate speciali, con le uscite d’emergenza murate, i treni che passavano senza fermarsi, quando l’urlo della bambina ci rompe quasi un timpano: Jaaa! Noch ein Tunnel papa! ( Evviva, ancora una galleria, papà! ). A Brandenburger Tor il papà e la bambina scendono ed il treno ripiomba nell’umano brusio. I binari della S-Bahn di Brandenburger Tor non sono così nuovi e scintillanti come quelli della U-Bahn Brandenburger Tor, ma ci sono anche qui foto storiche del Reichstag e della Porta che raccontano la storia tedesca. A Friedrichstraße scendiamo anche noi, perché dobbiamo comprare il filo interdentale e la domenica uno dei posti dove trovarlo è alla Hauptbahnof. Se avessimo seguito tutta la linea della S1 saremmo arrivati a Frohnau al tempio buddista, oppure addirittura fino ad Oranienburg. Magari ci andiamo domani.