Il tram è un mezzo di locomozione che appartiene alla storia di alcune fortunate città, ma non di tutte. Essere dotata di tram è per una città certamente l’equivalente di un titolo nobiliare. Le forme dei tram sono molto cambiate da un secolo a questa parte ed i mezzi moderni hanno un andamento sui binari sempre più scorrevole e silenzioso ed i predellini sono ormai al livello della strada per facilitare l’accesso a tutti. I tram storici erano un’impresa ginnica: bisognava letteralmente scalarli ed il corpo dei vagoni rimaneva piuttosto sollevato dalle rotaie, fatto che dava sempre una certa vaga sensazione di non aderenza al suolo. In alcuni tram questa sensazione rimane anche oggi. Su alcune vecchie vetture si ha come l’impressione di essere lievemente instabili su queste barre di ferro, soprattutto in curva. I tram di Berlino si muovono in realtà su strade larghe, in molti casi addirittura larghissime, pressoché sconfinate della periferia Est di Berlino e non debbono fare slalom e gincane avventurose. Il loro percorso va lento ed inesorabile senza subire particolari sorprese. A volte viene addirittura il dubbio che questi lunghi viali ferrati tendano verosimilmente all’infinito. Il regolare procedere dei tram in spazi prestabiliti anziché sollevare i passeggeri dalle quotidiane inquietudini genera talvolta anche negli animi più sereni assillanti interrogativi metafisici. Ci sono vari modi di fare esperienza dei tram della capitale. Ci sono scelte soft, che prevedono percorsi nel centrale quartiere di Mitte e ci sono esperienze indimenticabili che da Alexanderplatz partono per portarci verso la steppa orientale a farci conoscere una Berlino durissima, giustamente dimenticata dalle cartoline e da ogni guida di buon senno. Noi ci faremo semplicemente trasportare dai binari senza troppe scelte a priori e vedremo tante ex Berlino Est.
Ci troviamo ora a Warschauer Straße, al capolinea dell’M10, un tram basso moderno, e tutto unito che trasporta il maggior numero di passeggeri possibile lungo Warschauer Straße, un grande viale che oggi è pieno di colori, di un folklore un po’ punk fin quando non si arriva a Frankfurter Tor e si vede a sinistra Karl-Marx Allee, il viale monumentale delle parate del Socialismo, larghissimo e sobrio ed in fondo la Fernsehturm. Entriamo a Petersburger Straße, la continuazione di Warschauer Straße. Percorrere questi grandi viali col tram le prime volte può fare impressione. Ci sono ancora oggi, dopo più di vent’anni dalla fine del Socialismo ancora pochi negozi e troppi spazi larghi. Il tram rispetto al treno non ha stazioni che lo accolgano. E’ sempre scoperto in mezzo alla strada e lievemente in balia del traffico e dei pedoni ed anche questo ci fa sentire più esposti agli eventi. Scendiamo all’incrocio fra Danziger Straße e Greifswalder Straße per prendere la M4 in direzione Hackescher Markt. Lentamente, ma senza intoppi abbiamo raggiunto Alexanderplatz.
Dall’alto del quinto piano del centro commerciale Galeria di Alexanderplatz potremmo guardare ora i binari bevendo un caffè. Ci sediamo ad un tavolino davanti alla grande finestra del ristorante Dinea che si affaccia proprio sul lato della piazza dove passano i tram. Alexanderplatz è una realtà talmente eccessiva che va presa a piccole dosi. Ci si apposterà a spiarla in diversi angoli e poi si giustapporranno forse un giorno le diverse osservazioni per vedere cosa andranno a formare tutte insieme, o forse non lo si farà mai. Oggi potremmo comunque limitarci ad osservare i tram dall’alto. Se a camminare per Alexanderplatz ci si sente come formiche in un mare di cemento, osservando la piazza dal quinto piano si vede che le formiche sono gli altri, e la cosa dà già un certo sollievo. Le formiche di Alexanderplatz sono tutte colorate e non hanno schemi di movimento ordinati, alcune portano il velo ed una tunica lunga fino ai piedi, altre vanno in bicicletta, talune portano la borsa a tracolla e spingono passeggini contenenti piccoli formichini. Se c’è il sole si adagiano sulle sdraio del bar o semplicemente sui gradini del marciapiede come fossero al mare, se piove si infilano tutte nelle buche dove c’è scritto U Alexanderplatz, o aprono gli ombrelli. Le vere, imprescindibili regole motorie della grande piazza sono rappresentate dai lombriconi gialli che strisciano lentissimamente sui binari, si fermano, caricano formiche e poi ripartono con ancora meno sprint di come sono arrivati e scompaiono dietro i palazzi. Le formiche attraversano spessissimo i binari disordinatamente e così i lombriconi sono costretti a strisciare al passo della più lenta delle formiche. I due lombrichi passano l’uno accanto all’altro nelle due opposte direzioni e pare che si struscino. La piazza è prevalentemente grigia ed i binari piatti nelle mattonelle neppure si noterebbero se non fossero i frequentissimi treni gialli a sancirne l’esistenza. I tram-lombrichi sono di foggia vagamente antica con due carrozze separate e forma sfaccettata o con tutti i vagoni uniti nella versione moderna bombata. Tutt’intorno a questa scena ci sono i palazzoni ed in lontananza, verso Est le ciminiere che fumano. Il traffico fuori dal perimetro rettangolare dei palazzi si muove lento. Le auto hanno moti irregolari, come i pedoni che attraversano il centro della piazza: una frena, l’altra accelera, una supera, l’altra svolta e sono di varie forme e colori. I tram no, sono fluidi e regolari: strisciano e si fermano solo alla fermata o davanti ai piedi della gente.
Al ristorante del Galeria ci vengono a pranzare vecchie generazioni di cittadini della ex Repubblica Democratica Tedesca. E’ un modo per incontrarsi e venire a parlare di niente o quasi. Il tema portante del mese di maggio sono gli asparagi. La clientela è tutta vestita di beige o di colori pastello. I russi che ci siedono accanto parlano anch’essi di continuo, ma non si capisce bene di cosa. Le uniche parole ripetute con ossessione che intercettiamo sono Charlottenburg, Charlottenburg, Charlottenburg, nettissime nonostante la elle e la erre arrotate. Forse hanno sbagliato ristorante e vogliono andare a mangiare le ostriche al KaDeWe.
Quando abbiamo finito il nostro caffè adagiamo il vassoio sui binari semoventi che portano le stoviglie sporche al lavaggio e facciamo un salto al reparto materassi per vedere dalla finestra la stazione della S-Bahn dall’alto. I binari sono coperti dalla volta del tetto e possiamo solo immaginare il traffico di viaggiatori che si portano su e giù dalle numerose scale trascinando valigie. Scendiamo in piazza ed andiamo a prendere uno dei tram per vedere dove ci porterà. Ora siamo formiche alla fermata del tram ed il Galeria ci ricorda un po’ un mausoleo d’arte funeraria, della migliore arte funeraria però, paragonabile alle piramidi egizie. Capiamo che il paragone è spropositato e desistiamo dal procedere nei paragoni. Prendiamo l’M6 che va verso Est. Iniziamo a percorrere grandi viali pieni di palazzoni. Entriamo in un viale chiamato Landsberger Allee e, pur ignorandone la sua effettiva lunghezza iniziamo a sospettare che forse finisca direttamente a Mosca. Le fermate e le ripartite di questo tram sono sempre un po’ più brusche di quelle della U-Bahn o della S-Bahn. Ruote e binari stridono crudamente, alle curve sentiamo su di noi quella che in fisica chiamano la forza di inerzia, cioè il tram che svolta a destra mentre i nostri corpi continuano ad andare dritti sulla traiettoria iniziale, ma subiscono la strana sensazione di essere catapultati a sinistra verso l’esterno della curva e del mezzo. Questi scherzi del moto ci fanno contorcere un po’ lo stomaco, ma continuiamo il viaggio.
Pensavamo che il tram fosse un mezzo di trasporto pittoresco, ma qui capiamo che il tram è semplicemente il mezzo di trasporto quando non ci sono gli autobus e le metropolitane. In questo lunghissimo viale si vedono solo tram. Che il Comunismo qui non ci sia più è cosa risaputa eppure qualcosa di strano è rimasto. I colori vivaci dei palazzoni alveari vogliono sdrammatizzare il contesto. I nomi delle ditte di costruzione sono dipinti a caratteri cubitali in cima ai casermoni con tanto di numero di telefono. Una ditta si chiama Fortuna. Iniziano campi di erba altissima e pensiamo che stia iniziando la steppa, che poi ci sarà la tundra e che finalmente arriveremo alla fine del mondo. Al posto della tundra, dopo la steppa c’è invece l’Ikea. Salgono al volo due anziane che urlano: Che fortuna che abbiamo avuto! Chissà mai cosa intendano. Comincia ad assalirci il dubbio che forse questo sia l’ultimo tram. Stiamo andando verso la campagna. Ora vediamo i grandi piloni dell’elettricità e tanti alberi e poi ancora fabbriche e palazzoni. Altri binari passano sotto e la città ed i palazzoni si allontanano. Arriviamo alla S-Bahn Marzahn, il che vuol dire che siamo ancora a Berlino, ed ancora nella fascia tariffaria B, cioè non periferica. Ci chiediamo allora cosa dobbiamo mai intendere per periferia. C’è tanto verde e moltissimi binari eppure proviamo una sensazione di vuoto panico e ci sentiamo un po’ Cappuccetto Rosso nel bosco. Adesso arriva il lupo. Ed invece no, ci sono ancora palazzoni e due centri commerciali futuristici. Dopo Marzahn c’è la fermata Marzahn Promenade che dal nome sembrerebbe qualcosa di bello. Al Freizeitforum Marzahn, il Centro per il Tempo Libero di Marzahn, un brivido ci corre lungo la schiena. Siamo ancora nella capitale tedesca. Incrociamo ancora binari e svoltiamo a destra come per tornare indietro. Siamo incredibilmente ancora a Landsberger Allee. Aumentano i binari e si diradano i palazzoni ed iniziano le dacie, le villette. La popolazione è tutta locale pura, o perlomeno bianchissima di carnagione. Sembra parli un dialetto diverso, pieno di spigoli, come i palazzi. Gli occhi sono azzurri, i capelli anche, oppure fucsia, oppure verdi. Le giovani mamme hanno tatuaggi spesso anche sul volto ed i papà bambini hanno visi d’angelo e capelli viola. Arriviamo ad un posto dove c’è un grande ingrosso di prodotti per unghie. Non sapremo mai se l’M6 porti veramente a Mosca, perché decidiamo di scendere a Hellersdorf per prendere la U5 per Alexanderplatz.
Alla fermata della metropolitana di Hellersdorf facciamo la nostra personale scoperta della Relatività. Capiamo che un binario nella ex Berlino Est è un po’ come una retta infinita di punti e che qualunque punto di essa scegliamo a riferimento ce ne sarà sempre uno più ad Est. Ad Hellersdorf capiamo finalmente che Alexanderplatz, in confronto, è occidentale. Sembrava un giorno sprecato ed invece abbiamo scoperto l’infinitezza dell’Est. In questo genere di riflessioni devono essere certamente assorte le persone alla stazione di Hellersdorf perché hanno tutti un’aria un po’ persa. Scendiamo a Lichtenberg, che è una grandissima stazione ad Est di Ostkreuz, che pensavamo appunto essere la più grande stazione ferroviaria della Berlino Est, finché non abbiamo scoperto che Lichtenberg è ancora più ad Est di Ostkreuz. Da Lichtenberg partivano un tempo moltissimi treni per Mosca. Ora ci sono tanti binari vuoti. La S5 ci riporta in Occidente. Vogliamo scappare più ad Ovest che sia possibile e così scendiamo a Friedrichstraße, la vecchia stazione di confine con annesso Palazzo delle Lacrime e controlli. Ora i controlli non ci sono più e così velocemente si può prendere il tram M1 in direzione di Rosenthal Nord. Ad Henriette-Herz Platz si incrociano tram che vanno e che vengono accanto al ponte della S-Bahn Hackescher Markt. Ci sono tanti turisti ancora fino a Rosenthaler Platz. Il tram si arrampica quindi su uno dei pochi rilievi di Berlino: siamo a Prenzlauer Berg e stiamo per raggiungere il celebre viale alla moda Kastanien Allee. Passiamo quindi sotto il ponte di Eberswalder Straße, vediamo il famoso chiosco Konnopke’s del Curryurst e procediamo accanto al binario sopraelevato della U2 lungo Schönhauser Allee. Le case sul viale sono ora quasi tutte ristrutturate. Arriviamo alla fermata Schönhauser Allee, che è pure stazione del Ring, passando davanti al centro commerciale Arcaden, ricettacolo di godimento a buon mercato. Per quanto l’Est sia tutto ripulito e pieno di negozi alla moda non sarà mai l’Ovest. Schönhauser Allee è ben lunga. Man mano che usciamo verso la periferia i negozi si diradano, le case si abbassano, ma rimangono ben curate. Arriviamo a Pankow, quartiere industriale e di operai e ne vediamo il massiccio Rathaus, il municipio dai mattoni rossi. Vicino al municipio c’è un grazioso negozio di giocattoli che si chiama Wilde Schwäne, Cigni Selvaggi, che riversa tutta la sua allegra mercanzia colorata direttamente sul marciapiede ed appesa ai muri esterni, come usa negli empori di paese del Sud. A Schillerstraße le case si fanno basse come quelle dei borghi. Siamo un bel po’ nella periferia della ex Berlino Est, ma non ci sono i Plattenbauten, quegli spaventosi palazzoni che avevamo visto prendendo l’M6. Le case hanno qui al massimo quattro piani. Ad Hermann Hesse Straße c’è un centro commerciale, ma ad un piano solo e le persone che aspettano il tram alle fermate sono serafici abitanti di campagna. Il tram arriva al suo capolinea in una strada di ciottoli e con casette in mattoni rossi. Siamo completamente in provincia, come nel cuore della verde Germania e c’è un profumo di fiori e di prato qui a Schillerstraße, il capolinea dell’M1. A Straße 18, si chiama proprio così, ci sono casettine piccine piccine, col tetto spiovente, fatte probabilmente con le proprie mani e con tanto amore, così come denota la cura leziosa dei giardinetti. Siamo sempre alla periferia della ex Berlino Est, ma l’M1 ci ha portati inaspettamente ad un grazioso borgo bucolico, lontani dalla steppa e dalla Siberia. Torniamo indietro prendendo lo stesso tram, ma stavolta scendiamo a Pankow e prendiamo la S8 e vediamo a destra e sinistra verde, tanto verde.
Torniamo ancora ad Alexanderplatz e questa volta ci lanciamo con l’M5 che ci porta in una periferia ancora diversa da quella dell’M1 e dell’M6. Questa periferia orientale è veramente orientalissima. Scavalchiamo Berlino, la Polonia, la Russia ed arriviamo dritti dritti in Cina. Cominciamo a vedere una vasto campionario di mostri abitativi multicolore, i tipici palazzoni, con intervallate antiche ciminiere di mattoncini rossi. Rimaniamo sempre sgomenti quando li vediamo, ma per distrarci cominciamo ora a suddividerli per colore: il mostro rosa antico e salmone, il mostro azzurro e grigio, il mostro marrone e rosso, l’abominevole grigio con le strisce verdi, lo spaventoso giallo ocra con bordi arancioni, e così facendo ci diventano via via più familiari. Incrociamo la S-Bahn di Landsberger Allee, ed una serie di concessionarie: Renault, Peugeot, Toyota e Mercedes ed un colossale autolavaggio. Il tratto più caratteristico di questa linea di tram è che passa per un grandissimo mercato generale cinese ed orientale in genere, con numerosissimi impiegati ed operai dell’estremo oriente che salgono e scendono alle varie fermate. L’M5 si trasforma in pochi secondi in un tram cinese, tailandese, vietnamita e coreano. Ancora una spettacolare sorpresa del percorso dell’M5 è un passaggio fra le fronde del bosco che nascondono il parco con la bellissima costruzione in mattoncini rossi dell’ospedale evangelico KEH. La Allee der Kosmonauten ci porta poi brutalmente fuori dal mondo. Procedendo sempre di moto rettilineo uniforme nello spazio infinito, lasciandoci sulla destra il centro commerciale Linden, Tigli, unico segno di vita nell’universo di palazzoni, arriviamo infine al capolinea Zingstenstraße. Si tratta di una piazza attorno alla quale girano i binari del tram e sulla quale si affacciano palazzi popolari che a differenza degli altri hanno i balconi chiusi a veranda: Giardini d’Inverno li chiamano in tedesco, ma non sono affatto tipici delle costruzioni popolari. Altro fatto assolutamente singolare è che al centro della piazzetta, in una piccola ex sala pausa degli autisti della BVG, dopo la caduta del muro è stato aperto un grazioso ristorante cinese, il Bao Feng. Sembra un Biergarten, una birreria all’aperto in formato lillipuziano, con cucinino interno e graziosa saletta arredata con gusto. Ad accoglierci all’ingresso c’è un gigantesco Budda dorato che ride. Se ci affacciamo alle finestre una fitta siepe copre l’andirivieni dei tram e sembra di essere in un tranquillissimo giardino di campagna di un imprecisato angolo del mondo.
I binari dei tram che portano ad Est hanno certamente un andamento coatto ed inesorabile, come la vita che per certi versi ci si para innanzi predestinata. Se ognuno potesse scegliere liberamente dove nascere e dove crescere a Berlino, questi quartieri probabilmente non esisterebbero. I binari sono, però, a pensarci bene, sempre e comunque bidirezionali e possono anche portare via da questi luoghi, verso un’altra Berlino ed un’altra vita possibile. Colui al quale la periferia si facesse insopportabile potrebbe sempre pensare di scappare col tram. Il tram, flemmatico supereroe, strapperebbe allora gli abitanti ai loro loculi e li trascinerebbe verso Alexanderplatz, e poi la Fernsehturm, la Marienkirche, il Rote Rathaus, che sarebbe il Municipio Rosso, per farli infine poi girare vorticosamente a destra, come solo lui sa fare, diretto a tuffarli nel bagno di folla internazionale degli Hackesche Höfe.
Concludiamo il nostro vagare attorno ai centrali binari del tram di Hackescher Markt di fronte alla moderna e funzionale doppia robusta cancellata di sicurezza con telecamere che spiano in ogni direzione e cartelli che invitano a non parcheggiare biciclette alle inferriate. Non è un carcere di massima sicurezza, non è la Banca Centrale Tedesca, è solo il Ginnasio Ebraico, con annesso cimitero.
Accanto al cimitero un mosaico vivacemente colorato rappresenta la Pace con un’allegoria di un ponte su un prato di fiori, colombe che volano nel cielo, papere, rane e ninfee che popolano il fiume mentre su tutta la natura splende il sole.